Il Tribunale ecclesiastico annulla il vincolo coniugale per incapacità al consenso. Per i Giudici italiani la convivenza duratura della coppia lo impedisce.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 ottobre 2014 – 28 gennaio 2015, n. 1621
Presidente Forte – Relatore Dogliotti
Svolgimento del processo
Con citazione ritualmente notificata P.P. conveniva in giudizio A.R. davanti alla Corte di Appello di Perugia per sentir dichiarare l'efficacia nel nostro ordinamento di sentenza emessa dal Tribunale Ecclesiastico Regionale Umbro del 10/03/2010, dichiarativa della nullità del matrimonio contratto tra le parti, per incapacità al consenso da parte del marito.
Costituitosi il contraddittorio la A. chiedeva rigettarsi la domanda.
La Corte di Appello di Perugia, con sentenza in data 07/02/2013 rigettava la domanda.
Ricorre per Cassazione il P., che pure deposita memoria per l'udienza.
Resiste, con controricorso, l'A.
Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso principale, il ricorrente lamenta violazione dell'art. 8 accordo di Villa Madama; art. 8 L. n. 121 del 1985; Can. 1095, 2° Codice di Diritto Canonico, Iá4dove la sentenza ha ritenuto la convivenza stabile e duratura, tra le parti, limite generale di ordine pubblico,ostativo alla delibazione di sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale.
Con il secondo, vizio di motivazione, in quanto la sentenza impugnata avrebbe considerato, qualg limite all'ordine pubblicg la convivenza successiva con riguardo ad una ipotesi d capacità al consenso e non di consenso simulato.
I motivi appaiono infondati.
E' appena il caso di precisare che, per giurisprudenza costante (tra le altre, Cass. N. S.U. 2164 del 1988; Cass. N. 2467 del 2008), proprio ai sensi dell'art. 8 L. 121 del 1985, (e sentenze dei Tribunali Ecclesiastici non possono avere automatico riconoscimento dovendo il giudice italiano valutare la conformità di esse ai principi dell'ordine pubblico interno, con diretto riferimento ai singoli istituti da applicarsi, in conseguenza della delibazione della sentenza stessa.
Questa Corte a Sezioni Unite ass. N. 16379 e 16380 del 2014 componendo contrasto giurisprudenzia esorto nell'ambito della prima sezione civile ( al riguardo, v. Cass. N. 1343 dei 2011; Cass. N. ~J24 del 201L), ha indicato nella convivenza stabile e duratura tra gli sposi ( ma se non vi fosse stabilità e durata, a ben vedere, non vi sarebbe neppure "convivenza" successiva alla celebrazione del matrimonio, e dunque attinente al matrimonio - rapporto -" un limite generale di ordine pubblico alla delibabilità delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale.
Il percorso argomentativo su cui si fonda tale assunto, articolato ed approfondito che questo Collegio condivide pienamente ), spazia ( indicando una pluralità di riscontri,ancorchè indiretti ) dalla disciplina matrimoniale del codice civile ai principi costituzionali e, più ampiamente, a quelli generali dell'ordinamento, dall'accordo di Villa Madama, modificativo dei Patti Lateranensi tra Stato e Chiesa Cattolica alle fonti di diritto europeo e comunitario1fino alle statuizioni delle Corti internazionali.
La "durata "della convivenza viene individuata dalle Sezioni Unite di questa Corte nel triennio dalla celebrazione del matrimonio che essa peraltro ricollega non alla disciplina matrimoniale, ma a quella adozionale (secondo l'art. 6 L. n. 184 del 1983 ~, coloro che richiedono un? adozione piena di minori,devono essere tra loro coniugati da almeno un triennio, anche se in tale periodo potrebbe computarsi pure una convivenza more uxorio, anteriore, senza soluzione di continuità, al matrimonio ).
Ovviamente il riferimento alla disciplina adozionale diventa più generale e prescinde dalla circostanza che i coniugi abbiamo o meno figli. Si tratta in sostanza di una sorta di riscontro, di messa alla prova, con esito positivo4del progetto di condivisione di vita ed affetti che costituisce il presupposto della celebrazione del matrimonio. Del resto ulteriormente ci si potrebbe a contrario riferirg al medesimo periodo ì nell'ambito della disciplina matrimoniale: è richiesto ( almeno finora : esistono progetti di legge all'esame del parlamento per una riduzione, seppur limitata ad alcuni casi) un periodo di tre anni di ininterrotta separazione titolata (giudiziale o consensuale) a partire dall'udienza presidenziale, quale presupposto della cessazione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi (in sostanza una presunzione juris et de jure, che, unita alla presenza di altre cause tassative, giustifica la pronuncia di divorzio).
Né rileverebbe la circostanza , per cui il limite di ordine pubblico della convivenza non potrebbe applicarsi, ove si trattasse, come nella specie,di vizio psichico, incapacità che potrebbe assimilarsi a quella naturale di cui all'art. 120 c.c.. Secondo le sezioni unite di questa Corte, la convivenza costituisce limite generale, indipendente dal vizio genetico del matrimonio dichiarato dal Giudice ecclesiastico: si tratta di vizi accertati nell' "ordine canonico", nonostante la sussistenza dell'elemento essenziale del La convivenza coniugale: in tutti i casi si
manifesterebbe una radicale a di tali vizi del matrimonio canonico con l'individuato limite di ordine pubblico. Diversamente opinando, sussisterebbe uno, inammissibile invasione del giudice italiano nella giurisdizione ecclesiastica in materia di nullità del matrimonio, riservata dall'accordo di Villa Madama esclusivamente ai Tribunali Ecclesiastici: il giudice italiano,al fine di decidere sulla domanda di delibazione sotto il profilo della applicabilità dei predetto limite generale di ordine pubblico,dovrebbe procedere ad una interpretazione delle singole norme dei codice di diritto canonico, distinguendo tra esse ed eventualmente stabilendo una gerarchia, valicando così in modo inammissibile i confini della giurisdizione dell'ordine civile, a sé riservata dalle statuizioni dell'accordo.
Va conclusivamente rigettato il ricorso.
La sostanziale novità delle questioni trattate richiede la compensazione delle spese del presente giudizio tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
A norma dell'art. 52 D.L. 196/03, in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri atti identificativi delle parti, dei minori e dei parenti, in quanto imposto dalla legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
28-01-2015 20:58
Richiedi una Consulenza