Il giudice può non tenere conto nella determinazione dell'assegno divorzile di statuizioni patrimoniali operanti nella vigenza della separazione.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 luglio 2013 - 10 febbraio 2014, n. 2948
Presidente Luccioli – Relatore San Giorgio
Ritenuto in fatto
1. - Con sentenza depositata il 22 aprile 2009, la Corte d'appello di Roma accolse parzialmente il gravame proposto da M.T.B. nei confronti della sentenza del Tribunale di Roma che, dopo che con sentenza non definitiva era stata pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio della stessa con G.R.M., aveva affidato i due figli minori della coppia alternativamente al padre durante il periodo scolastico con collocamento nella casa di lui in Modena, e nel periodo delle vacanze estive alla madre con collocamento in Roma, rigettando la domanda della B. di ottenere la corresponsione di un assegno quale contributo per il mantenimento dei figli e di un assegno divorzile a carico del M.
La B. aveva impugnato tale decisione, chiedendo l'affidamento dei figli ed insistendo nelle richieste economiche.
2. - Per quanto ancora rileva nella presente sede, la Corte determinò in euro 1000,00 mensili l'assegno divorzile dovuto dal M. Osservò il giudice di secondo grado che era risultato provato che durante il matrimonio i coniugi erano contitolari di proprietà immobiliari e di quote di società, e all'epoca della introduzione del giudizio di separazione il M. svolgeva la professione di medico otorino specializzato in chirurgia plastica, mentre la B., laureata in lingue e letterature straniere, non espletava un'attività lavorativa stabile. I coniugi avevano stipulato un accordo a definizione di ogni rapporto economico in forza del quale la B. aveva ricevuto dal coniuge, dietro trasferimento delle quote di sua spettanza di proprietà immobiliari e partecipazioni societarie, una somma pari a lire 1.050.000.000. Il Tribunale di Modena, con provvedimento del 27 settembre 2002, aveva respinto la domanda della B. di modifica delle condizioni della separazione consensuale.
La Corte di merito, esaminate le risultanze della documentazione fiscale prodotta dalle parti, rilevò un netto divario tra le condizioni economiche delle parti, non solo con riguardo al periodo considerato, ma anche sotto il profilo delle potenzialità di reddito attuali e future connesse con la tipologia delle rispettive attività lavorative. In particolare, non era stato provato che la donna avesse rifiutato concrete e più vantaggiose opportunità di lavoro rispetto a quelle reperite dopo la separazione, variabili per tipologia e guadagni. La Corte concluse, quindi, che la B. si trovava, per età e per tipologia delle attività che le sue specifiche attitudini le consentivano, nella oggettiva impossibilità di conseguire mezzi adeguati, sotto il profilo della stabilità oltre che della quantità, a consentirle il mantenimento dell'elevato tenore di vita goduto durante la convivenza coniugale. Il giudice di secondo grado ritenne, pertanto, equo determinare l'assegno divorzile nella misura di euro 1000,00 mensili.
3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre il M. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la B.. Il M. ha depositato memoria.
Considerato in diritto
1. - Con il primo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della legge n. 898 del 1970. Ai fini della valutazione della esattezza della conclusione cui era pervenuto il primo giudice circa la insussistenza dei presupposti per la concessione dell'assegno divorzile, la Corte di merito avrebbe dovuto esaminare la situazione reddituale e patrimoniale della richiedente al momento della proposizione della domanda, che era sicuramente prospera, e che si era in modo sospetto deteriorata proprio nella imminenza della decisione di secondo grado. Né la Corte capitolina aveva tenuto conto della somma di oltre 1000 milioni di lire ricevuta dalla B. in sede di separazione, per la cui corresponsione l'attuale ricorrente aveva dovuto vendere i suoi beni personali, con conseguente perequazione finanziaria dei coniugi. Né, infine, era stato valutato dalla Corte d'appello l'impegno economico sostenuto dal M. per il mantenimento dei figli almeno fino al 2006. La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto, ai sensi dell'art. 366-bis cod.proc.civ., applicabile nella specie ratione temporis:
13-02-2014 16:55
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