Lei percepisce 3 euro l'ora in un call center. Lui oltre 20.000 euro netti annui. Il marito deve continuare a pagare l'assegno di mantenimento alla moglie anche se in misura ridotta.
Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. - Sent. del 16.02.2012, n. 2275
Presidente Felicetti Relatore Dogliotti
Svolgimento del processo
In un procedimento di separazione giudiziale tra M. C. e M. P. la Corte d'Appello di Roma, con sentenza 15-11-2006/14-2-2007, confermava la sentenza del Tribunale di Roma del 27- 6/19-9-2003, in punto assegno per il figlio e la moglie.
Ricorre per cassazione il M.
Resiste con controricorso la M.
Le parti hanno depositato memoria per l'udienza.
Il collegio dispone redigersi la sentenza con motivazione semplificata.
Motivi della decisione
Va innanzi tutto rigettata l'eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dalla controricorrente in memoria, essendo stata proposta domanda di divorzio. Tale domanda, infatti, non priva il ricorrente d'interesse al presente giudizio, trattandosi di procedimento di natura, carattere e finalità differenti (in particolare, con riguardo all'assegno divorzile e quello di separazione).
Venendo all' esame del ricorso, con un unico motivo, il ricorrente lamenta violazione dell' art. 156 c. c., 115, 116 c.p.c., nonché vizio di motivazione, in punto assegno per la moglie.
Il motivo è infondato.
Con esso si denunciano la violazione dell' art. 156 cod. civ. e vizi motivazionali, in quanto la Corte d'appello avrebbe ridotto l'assegno di mantenimento della moglie sul presupposto dell' insufficienza dei redditi di questa a consentirle un adeguato tenore di vita, mancando di considerare la sua capacità reddituale, l'utilità conseguita dall'assegnazione a titolo gratuito della casa coniugale e lo stato di malattia del ricorrente.
La Corte d'appello, peraltro, ha adeguatamente motivato circa le condizioni economiche della moglie, con riferimento all'istruttoria espletata, dalla quale è emerso che essa ha difficoltà a reperire un'occupazione adeguatamente remunerativa, percependo attualmente una retribuzione di tre euro l'ora da un “call center”, a fronte di un reddito del ricorrente, netto annuo, di euro 21.345,00 nel 2003, 23.497,00 nel 2004 e 24.207,00 nel 2005. La Corte ha pure tenuto conto del pagamento da parte del ricorrente di un canone locatizio mensile a favore della M. di euro 285,00.
Non si ravvisa dunque, violazione alcuna di legge né vizio motivazionale, mentre risulta inammissibile il profilo del motivo attinente alla mancata considerazione dello stato di salute del ricorrente, essendo sul punto il ricorso privo di specifici riferimenti alle relative prove.
Conclusivamente, va rigettato il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per
esborsi, oltre a spese generali ed accessori di legge.
A norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/03, in caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri atti identificativi delle parti, in quanto imposto dalla legge.
Depositata in Cancelleria il 16.02.2012
20-02-2012 00:00
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