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Sentenza

Assegno divorzile. Dovuto anche se tra i coniugi non si è instaurata un’effettiva convivenza
Assegno divorzile. Dovuto anche se tra i coniugi non si è instaurata un’effettiva convivenza
Assegno divorzile - Dovuto anche se tra i coniugi non si è instaurata un'effettiva convivenza

Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. - Sent. del 22.09.2011, n. 19349

Svolgimento del processo

Con sentenza del 28.03.2007, il Tribunale di Roma dichiarava la separazione personale dei coniugi A.C. e Z.D., ricorrente, respingendo le reciproche domande di addebito nonché la domanda di assegno di mantenimento proposta dalla moglie, peraltro mantenendo ferme sino alla sua pronuncia le statuizioni provvisorie adottate sia in sede presidenziale che nel corso dell'istruttoria, per le quali allo Z. era stato imposto di corrispondere alla moglie Euro 350,00 mensili (da agosto 2003), successivamente elevate ad Euro 400,00.
Con sentenza del 21.05 - 4.11.2009, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, impugnata in via principale dalla C. ed in via incidentale dallo Z., a questo imponeva di corrispondere alla moglie, con decorrenza dall'aprile del 2007, l'assegno di mantenimento di Euro 400,00 mensili, annualmente aggiornabile. La Corte territoriale osservava e riteneva tra l'altro:
- che fossero infondati sia il motivo dell'appello principale che l'appello incidentale inerenti al diniego di addebito della separazione all'una o all'altra parte, giacché dalla prova testimoniale esperita era emerso che il logoramento del rapporto coniugale era dipeso dalle modalità del relativo svolgimento, caratterizzato dalla lontananza dei coniugi per tutta la relativa durata pari a sette anni, nel corso dei quali la coppia aveva convissuto solo per qualche mese, e dal loro disaccordo, imputabile ad entrambi, sulla soluzione dei problemi inerenti alla diversità della rispettiva sede lavorativa ed al reperimento di un alloggio comune, i quali per tutta la durata del matrimonio avevano impedito di instaurare una effettiva e stabile convivenza coniugale e determinato incontri limitati a non tutti i fine settimana ed ai periodi estivi di vacanza;
- che, inoltre, nonostante l'esauriente istruttoria svolta in primo grado con l'audizione di sei testi, non erano emersi elementi certi in ordine alle relazioni extraconiugali imputate dalla moglie al marito;
- che le rispettive condizioni economiche erano caratterizzate dallo svolgimento per lei, insegnante, di un lavoro non stabile e per lui, ingegnere, di un lavoro dapprima nella Regione Lazio e poi nel nord d'Italia;
- che dalla documentazione fiscale di rispettiva pertinenza risultava una sproporzione reddituale tra le parti, con disparità economica a svantaggio della C., alla quale quindi, doveva essere riconosciuto il diritto al chiesto mantenimento, per la cui quantificazione doveva tenersi conto della durata del matrimonio e della mancata instaurazione di un'effettiva convivenza tra i coniugi.
Avverso questa sentenza lo Z. ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi e notificato il 29-30.04.2010 alla C., che con atto notificato l'8.06.2010, ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale affidato a due motivi, nonché depositato memoria.

Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell'art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza.
Sempre in via preliminare di rito deve essere disattesa l'eccezione della C., d'inammissibilità del ricorso principale dello Z., correlata agli artt. 366, comma 1, n. 4 c.p.c. e 366 bis c.p.c.
L'art. 366 bis cod. proc. civ., contenente la previsione della formulazione del quesito di diritto come condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione, è stato abrogato dall'art. 47 della l. n. 69 del 2009. Tuttavia, per effetto della disposizione transitoria contenuta nell'art. 58, comma 5, della medesima legge, l'abrogazione concerne solo le controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata in vigore della novella, ossia dopo il 4.07.2009. Conseguentemente, l'art. 366 c.p.c., sul contenuto del ricorso per cassazione, laddove nel n. 4 del comma 1 impone non solo di enunciare i motivi d'impugnazione e le norme di diritto su cui si fondano, ma anche di attenersi alle prescrizioni di cui all'art. 366 bis c.p.c., per tale parte deve ritenersi restato in vigore solo per i ricorsi nei quali il provvedimento impugnato sia stato pubblicato anteriormente alla data di entrata in vigore della I. n. 69 del 2009, circostanza nella specie non ricorrente.
A sostegno del ricorso principale lo Z. denunzia:
1. “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto” ed in particolare degli artt. 156, 1 e 2 co cod. civ e 5 legge div.
Si duole che sia mancata la verifica del tenore di vita coniugale e la considerazione sia della capacità economica della moglie, che ben avrebbe potuto svolgere a tempo pieno la sua attività d'insegnante, sia della situazione sociale della stessa, convivente con i genitori, con connessi vantaggi da risparmio di spese.
2. “Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.
Si duole che non sia stata valutata l'assenza di comunione materiale e spirituale con la moglie e, dunque, la mancata realizzazione dell'essenza del matrimonio, posto anche che ciascuno di loro provvedeva al suo mantenimento, sussisteva tra di loro un disaccordo originario e non ricorreva l'inadeguatezza assoluta dei mezzi di lei.
3. “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto”.
Sostiene che non si poteva considerare il tenore di vita pregresso, perché non si era mai instaurato il consorzio familiare, in quanto la moglie aveva continuato a vivere con i suoi genitori e fruito di redditi propri, anche da fabbricati, ed ancora che anche a lui doveva essere riconosciuta l'aspettativa di incrementi economici provenienti dalla moglie.
I primi tre motivi del ricorso, che essendo connessi consentono esame congiunto, non hanno pregio.
In primo luogo improprio è il ripetuto riferimento anche ai criteri che presiedono all'attribuzione dell'assegno divorzile, diversi da quelli inerenti all'assegno separatizio di mantenimento del coniuge, contemplati dall'art. 156 cod.civ., nella specie unicamente applicabili.
Ineccepibile, inoltre, anche per il profilo argomentativo, si rivela l'avversata statuizione impositiva dell'assegno di mantenimento a favore della C., giacché:
tra le condizioni per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, l'art. 156 cod. civ. non pone l'instaurazione di un'effettiva convivenza fra i coniugi. La mancata convivenza può infatti trovare ragione nelle più diverse situazioni o esigenze, e va comunque intesa, in difetto di elementi che dimostrino il contrario, come espressione di una scelta della coppia, di per sé non escludente la comunione spirituale e materiale, dalla quale non possono farsi derivare effetti penalizzanti per uno dei coniugi, ed alla quale comunque non può attribuirsi efficacia estintiva dei diritti e doveri di natura patrimoniale che nascono dal matrimonio (cfr. Cass. n. 17537 del 2003; n. 3490 del 1998) nella specie il pregresso tenore della vita coniugale è stato ineccepibilmente, seppure implicitamente, desunto dalla documentazione fiscale prodotta dalle parti anche in grado d'appello, da cui emergeva pure il divario esistente tra le situazioni economiche di pertinenza di ciascuna e l'inadeguatezza dei redditi della C. a conservare detto tenore la separazione instaura un regime che tende a conservare il più possibile gli effetti propri del matrimonio compatibili con la cessazione della convivenza e, quindi, anche il “tipo” di vita lavorativa di ciascuno dei coniugi, concordato o, quanto meno, accettato, generiche ed apodittiche si rivelano le asserzioni del ricorrente circa le scelte professionali della moglie e segnatamente circa l'unilaterale, risalente opzione della stessa per l'insegnamento part time nonché circa la concreta possibilità di reperire nel medesimo ambito lavorativo un incarico a tempo pieno con incrementi retributivi ed ancora in ordine all'assenza di suoi pregressi apporti economici al menage coniugale, posto anche che in materia vige il principio secondo il quale il tenore di vita goduto durante il matrimonio, al quale rapportare il giudizio di adeguatezza dei mezzi a disposizione del soggetto richiedente, è quello offerto dalle potenzialità economiche dei coniugi, non già quello tollerato o subito o anche concordato con l'adozione di particolari criteri di suddivisione delle spese familiari e di disposizione dei redditi personali residui.
4. “Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.
Censura il diniego di addebito della separazione alla moglie, richiamando passi delle deposizioni rese dai testi G. e R.
Il motivo è inammissibile, risolvendosi o in mere, generiche critiche alle argomentate valutazioni espresse dai giudici di merito, o in censure confortate da dichiarazioni testimoniali che sul punto non appaiono assumere alcuna decisività contraria all'avversata conclusione. Con il ricorso incidentale la C. deduce:
1. “Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, error in procedendo (art. 360 1 comma n. 5 c.p.c.)”;
Censura l'impugnata sentenza nella parte in cui ha confermato la non addebitabilità della separazione al marito, ed in particolare contesta la valutazione delle risultanze processuali, le quali a suo parere avrebbero consentito la soluzione opposta, specificamente sottolineando l'esistenza di elementi assolutamente rilevanti in merito al suo ineccepibile contegno ed alle modalità di svolgimento del rapporto coniugale, essenzialmente integrati dalle deposizioni rese dai testi T. , Z. e Ca.
1. “Error in judicando. Eccessiva genericità dell'iter di apprezzamento delle prove testimoniali, Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, (art. 360 1 comma n. 5 c.p.c.)”.
Sempre sul mancato addebito della separazione al marito, sostiene che il fatto che questi avesse intrattenuto relazioni extraconiugali non era rimasto indimostrato, come ritenuto dai giudici di merito, giacché dalla deposizione del teste P. risultava provato il suo rapporto di intimità e convivenza con un'altra donna; poi seguito da altra convivenza con diversa persona, rimasta sua compagna di vita.
I due connessi motivi del ricorso incidentale non meritano favorevole apprezzamento. La conclusione negativa viene dalla C. avversata con rilievi non pertinenti rispetto alle specifiche ragioni che sostanzialmente la sostengono, incentrate sul peculiare andamento del rapporto coniugale, e con riguardo, invece, alla ritenuta mancata prova della violazione dell'obbligo di fedeltà da parte dello Z., criticata in termini non decisivi, affidati per un verso al richiamo di una sola deposizione, laddove, invece, tale sfavorevole valutazione è stata tratta dal confronto delle deposizioni rese da sei testi, e per altro verso all'apodittica affermazione dell'esistenza di un successivo e duraturo nuovo rapporto sentimentale. Conclusivamente i riuniti ricorsi principale ed incidentale devono essere respinti. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione per intero delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell'art. 52, comma 5, del D.Lgs n. 196 del 2003, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

 

Depositata in Cancelleria il 22.09.2011
Avv. Antonino Sugamele

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